#iorestoacasa con Wonder! – 3° settimana – STREET ART

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#iorestoacasa con Wonder

TRIONFI E LAMENTI – WILLIAM KENTIDGRE – LUNGOTEVERE

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ROMA, MUSEO A CIELO APERTO – ARTE CONTEMPORANEA

William Kentridge realizza sui muraglioni del fiume Tevere, tra ponte Sisto e ponte Mazzini, la sua monumentale opera, “Triumphs and Laments”, la quale si snoda per 550 metri con un’altezza di 10. Kentridge ha voluto rappresentare la sua personale visione della storia di Roma, unendo l’antichità alla contemporaneità. Non a caso venne inaugurata il 21 aprile 2016, il Natale di Roma.

Uniti ma al tempo stesso contrapposti troviamo la lupa capitolina, lo scontro tra Romolo e Remo, ma anche il cadavere di Aldo Moro, i pompieri in soccorso a San Lorenzo dopo il bombardamento del 1943 e i rifugiati di Lampedusa. Gioie e dolori, trionfi e lamenti: perché per ogni vittoria si genera una sconfitta. La storia di Roma si dipana così lungo questo fregio continuo, dove però tutto sembra privato di grandiosità, ogni gloria sembra già stata vittima del tormento che ne deriva. La lupa capitolina è quindi scarna, fatta di sole ossa, e i monumenti equestri dei grandi condottieri sembrano diventare dei vuoti feticci privi di significato. Così il dualismo tra vita e morte, tra gioia e dolore è espresso da Kentridge. La precarietà della condizione umana è espressa non solo tramite ciò che l’opera rappresenta ma attraverso l’opera stessa e la sua tecnica di realizzazione. L’opera potremmo dire che è realizzata “in negativo”: la parte più scura delle figure è ottenuta sbiancando il contorno, cioè eliminando la  patina di inquinamento e limo, dovuta alla vicinanza delle acque del fiume. Utilizzando degli stencil preformati delle figure è stato letteralmente pulito il resto del muro. Togliere per creare.

Questa tecnica particolare ha come conseguenza l’inevitabile deterioramento dell’opera e la sua naturale scomparsa. Nel giro di tre o quattro anni la patina di limo e smog si formerà di nuovo e l’opera svanirà. Ma questo è ciò che voleva l’artista: lavorare con una materia viva, soggetta allo scorrere del tempo, così come lo è la condizione umana e la storia di questa città. Le immagini cambiano e si trasformano, ricordandoci lo scorrere implacabile del tempo, come una pellicola cinematografica che si sviluppa davanti ai nostri occhi.

CANZONE PER UNA SIRENA – CARLOS ATOCHE – TOR PIGNATTARA

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ROMA, MUSEO A CIELO APERTO – ARTE CONTEMPORANEA

Le mura del quartiere di Tor Pignattara diventano la tela di molti street artist, nell’ambito del progetto “I love Torpignart” promosso dal comitato di quartiere per la riqualifica di questo angolo di Roma.

Il murale sull’edificio all’angolo tra via Tor Pignattara e via Rovetti, nasce dal desiderio di una cittadina, Maura Crudeli, di veder realizzato un murale sul palazzo in cui vive. Con il supporto del CdQ Tor Pignattara Atoce viene contattato e crea la sua opera, perfetta espressione della sua concezione di arte e in profonda sintonia con il quartiere.

Carlos Atoche, sudamericano da padre peruviano e madre argentina, arriva a Roma e si diploma all’Accademia delle Belle Arti, dopo essere stato iniziato all’arte guardando l’opera del padre scultore. La street art si rivela per lui il modo migliore di fare arte, per fondere appieno il fruitore e l’opera, lo spettatore e l’arte, nel luogo in cui l’opera viene concepita e realizzata. Atoche, nel suo tentativo di creare un profonda connessione tra il suo bisogno di comunicare e il destinatario dell’opera, trova nella street art il mezzo adeguato.

Lo stile di Atoche è inconfondibile: opere classiche e contemporanee immerse in fondali subacquei circondati da pesci. Feticci dell’arte, oramai divinizzati e consumati, con i quali giocare per creare qualcosa di nuovo.

Nel murale dal titolo Canzone per una sirena riconosciamo il Pensatore di Rodin seduto sopra l’Orinatoio di Duchamp e circondato da pesci pagliaccio, mentre se giriamo l’angolo troviamo dei caschi da palombaro ai pedi di una statua di donna seduta dall’aria dimessa. L’antico e il contemporaneo si fondono in uno spazio senza tempo, pronti per essere dimenticati o ripescati all’occorrenza.

  • Claudia Pucinischi

LA STREET ART AL TRULLO

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ROMA, MUSEO A CIELO APERTO

Il Trullo è uno di quei quartieri di Roma che ha goduto per molto tempo di una cattiva fama. Uno di quei quartieri della periferia romana lasciati a loro stessi, che con il tempo sono diventati famosi solo per la criminalità e lo spaccio. Il Trullo però è uno di quei quartieri che è risorto, una moderna fenice che risorge dalle proprie ceneri. Questo lo dobbiamo ad un gruppo di ragazzi che tramite la poesia ha deciso di ridare bellezza a queste strade. Sono i Poeti der Trullo, che scrivono i loro versi, rigorosamente in dialetto romano, dove tutti possono leggerli: sulle panchine, sui muri. Ridanno splendore agli angoli di questo quartiere, ovviamente dopo averlo ripulito dai segni dell’incuria. Al Trullo è nato anche un altro gruppo deciso a rivalutare il quartiere: sono i Pittori Anonimi del Trullo, abitanti con la voglia di ridare colore a queste strade. Nasce così, nell’ottobre 2015, insieme allo street artist Solo, il Festival Internazionale della Poesia di Strada e il Trullo diventa per tre giorni la casa di artisti venuti da ogni parte che qui possono esprimere liberamente la loro arte, pittura, poesia o musica che sia.

Terminata la manifestazione però l’arte non si ferma. Il Trullo continua ad essere meta di molti artisti che realizzano le loro opere sui muri delle strade e dei palazzi del quartiere.

Solo non è solamente uno street artist famoso, lui è romano e al Trullo c’è nato e cresciuto. Qui realizza due murales grandiosi, rappresentando due donne. Uno è intitolato Nina, in ricordo della protagonista di una canzone romana. La ragazza è immortalata mentre sta piangendo ma per contrasto il murale è un’esplosione di colori. E così affianco troviamo i versi dei Poeti der Trullo dedicati a Nina “ Nun piagne Ninè se l’arte s’è estinta. Sur muro ‘na rima, un ritratto, ‘na tinta. Poeti e pittori non so’ stati vinti, so’ vivi ‘n colori, frammenti, dipinti. Solo che a Roma nun resterai solo pennello e mantello, spiccherai ‘r volo sur Trullo ch’è padre de fiji ribelli. Artisti, pittori, poeti, fratelli”.

L’altro murale di Solo rappresenta Laura, una ragazza del quartiere che però non c’è più.  Anche lei è accompagnata dai versi dei poeti: “Ci sono persone che vengono al mondo per dare alla vita un senso profondo, lasciano ai noi qualcosa di grande dando risposte a mille domande. Brillano forti e sono coscienti di essere solo stelle cadenti”. Parole meravigliose, descrizione intensa di questo murale che ci permettono di entrare in profonda sintonia con l’opera e il suo significato.

Questi sono solo due dei moltissimi murales che possiamo trovare tra queste strade, che non aspettano altro che essere scoperti e ammirati.

Vale davvero la pena di passare qualche ora di una bella giornata a perdersi in questo turbinio di colori e versi poetici.

  • Claudia Pucinischi

BIG CITY LIFE – TOR MARANCIA

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ROMA, MUSEO A CIELO APERTO

Continuiamo a girovagare per i quartieri di Roma e oggi arriviamo a Tor Marancia. Siamo di nuovo in una borgata romana, di nuovo in quartiere che grazie alla street art ha trovato nuova vita. Il progetto si chiama Big City Life ed è un progetto di musealizzazione urbana, finanziato in parte dall’associazione culturale 999Contemporary, dalla Fondazione Roma ed è patrocinato da Roma Capitale. L’intento è quello di rendere Tor Marancia un distretto di arte urbana contemporanea unico al mondo. Ridare valore e bellezza ad una borgata e rendere l’arte liberamente fruibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Un quartiere che diventa un vero e proprio museo a cielo aperto.

Big City Life prende avvio l’8 gennaio 2015 e termina il 27 febbraio, chiamando a raccolta 22 artisti da 10 paesi del mondo che si ritrovano qui per esprimere la loro arte su tele gigantesche, i muri dei palazzi del lotto 1 in via di Tor Marancia 63.

 “Spettacolo, rinnovamento, maturità”

Spettacolo, rinnovamento, maturità”, questo il nome che i residenti hanno dato ad uno dei murales, forse quello che maggiormente rappresenta Tor Marancia. È l’opera di Gaia, una degli street artists under 30 più influenti secondo Forbes. Sullo sfondo azzurro ciò che cattura subito l’attenzione è un mandarino enorme, che ricordava all’artista i suoi viaggi nel sud d’Italia, ma che gli abitanti del quartiere hanno voluto vedere come un’arancia, in riferimento al nome del quartiere. In basso a destra c’è poi una testa di statua romana, modellata su esempio di una dello stadio dei marmi, per ricordare il motivo per cui venne costruito il quartiere, ossia per ospitare gli sfollati delle demolizioni mussoliniane  per costruire via della Conciliazione e via dei Fori Imperiali. Il pesce invece vuole ricordare i frequenti allagamenti della zona che la rendevano alquanto malsana. Infine in basso al centro Gaia rappresenta un palazzo spoglio, il palazzo al suo stato originario, prima della sua opera.

Le ventidue opere sono il racconto di ogni artista che le ha realizzate, del loro trascorso personale ma anche di ciò che l’incontro con il quartiere e gli abitanti di Tor Marancia ha suscitato in loro: la loro personale visione del mondo. Partiti con un’iniziale diffidenza da parte delle famiglie residenti, si è arrivati mano a mano ad una profonda partecipazione e coinvolgimento degli abitanti in questo grande progetto.

Big City Life non è solo uno straordinario progetto di rivalutazione urbana ma anche una testimonianza di quanto Roma sia in grado di accogliere sinergicamente l’arte in ogni sua forma.

  • Claudia Pucinischi

“HUNTING POLLUTION” – OSTIENSE

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L’ARTE PER L’AMBIENTE

Siamo in via del Porto Fluviale, nel pieno del caos del quartiere Ostiense, crocevia delle strade che portano i romani tutti i giorni nei loro uffici e luoghi di lavoro. Siamo nel cuore dell’Ostiense District, dove per la prima volta si è puntato sull’arte per la riqualifica dell’ambiente urbano. Il progetto nasce nel 2009 e fa del quartiere Ostiense “la cappella Sistina della Street Art”, come la definì il New York Times. Uno dei murales più famosi è sicuramente quello opera di Blu, realizzato sulla facciata di una ex caserma militare occupata fin dal 2003. Rappresenta proprio i mille volti delle persone che hanno abitato questo luogo, una denuncia della piaga sociale dell’occupazione abusiva.

L’Ostiense District però continua a crescere. Di fronte alla casa di Blu il 27 ottobre 2018 viene inaugurata l’opera di Iena Cruz, uno street artist milanese trasferitosi a Brooklyn. “Hunting Pollution”, questo il nome dell’opera, non è solo un murale, ma è il più grande murale green in Europa. Il progetto nasce in collaborazione con Yourban2030, un associazione no-profit impegnata nella sensibilizzazione della popolazione, attraverso l’arte, riguardo il problema della salvaguardia del pianeta.

Il nome del murale ci racconta già tutto: hunting pollution, ossia a caccia di inquinamento. Perché è questo che fa, cerca l’inquinamento per eliminarlo. Il murale è infatti realizzato con Airlite, delle pitture speciali che attraverso processi chimici sono in grado di catturare ed eliminare gli agenti inquinanti. Mille metri quadrati in grado di purificare l’aria.

Il valore di questa grandiosa opera di street art ci viene raccontato anche dal soggetto rappresentato. Iena Cruz realizza infatti un airone tricolore, una specie in estinzione, che sta pescando in un mare inquinato, che sta combattendo per la sua sopravvivenza in mezzo all’inquinamento prodotto dall’uomo.

“Hunting Pollution” si fa testimone di una battaglia per il nostro pianeta che purtroppo ancora in pochi stanno combattendo, con la speranza di avvicinare il più possibile le persone a queste tematiche di vitale importanza. Arte e nuove tecnologie si uniscono per creare una nuova speranza, a patto che non rimanga confinata solo in questa esperienza. Il progetto infatti potrebbe in futuro essere esteso anche ad altri quartieri e ad altre città.

L’arte può davvero salvare questo pianeta, magari solo in parte, e tocca a noi tutti fare la nostra parte.

  • Claudia Pucinischi

MURo – QUADRARO

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STREET ART, STORIA E COMUNITA’

Oggi siamo al Quadraro, quartiere della zona sud-est Roma, e vi parlo di quanto succede qui con una punta d’orgoglio perché qui sono nata e cresciuta. Il progetto MURo, Museo di Urban Art di Roma, nasce da un’idea dello street artist David Vecchiato, in arte Diavù,. Obiettivo del progetto è di realizzare un museo a cielo aperto in cui l’arte contemporanea possa quotidianamente interagire con gli abitanti del quartiere. MURo ha quindi due importanti caratteristiche: è un progetto site-specific, perché punta ad instaurare una relazione tra gli artisti e la storia e la conformazione dei luoghi in cui realizzano le loro opere, ed è un progetto community-specific, perché vuole rispettare lo “spirito” dei luoghi e della comunità con cui si interfaccia. La  street art diventa così espressione della storia del quartiere nel quale viene realizzata ed un simbolo nel quale la comunità riesce a riconoscersi. L’opera d’arte che diventa un punto di orgoglio della popolazione. Questi i principi che hanno contribuito alla nascita del progetto nel 2010 e che rendono così cariche di significato tutte le opere presenti. Ogni murale racconta un pezzo della storia del nostro quartiere.

È così che nasce “Nido di vespe”, opera di Lucamaleonte. Questo era infatti l’appellativo con il quale veniva definitivo in modo dispregiativo il quartiere dal generale della Gestapo, Kappler. Un nido di vespe, qualcosa da annientare. Per questo all’alba del 17 aprile del 1944 venne ordinato il rastrellamento del Quadraro, per deportare nei campi di sterminio quelle vespe così fastidiose. Circa mille uomini vennero portati via dalle loro case e dalle loro famiglie durante quella conosciuta come “Operazione Balena”. Nell’anniversario dei 70 anni da quel rastrellamento è stato regalato al quartiere questo murale, che ci ricorda ogni giorno la forza e l’unità di questa comunità nella resistenza al nazifascismo. Profondamente legato al significato dell’opera è anche il muro sul quale è stato realizzato, che non  è stato scelto a caso. Siamo infatti in via del Monte del Grano e questo può essere considerato come il muro d’entrata al Quadraro vecchio, il nucleo originario del quartiere. Un muro che diventa simbolo della resistenza, per la quale il quartiere ha ricevuto la medagli al valor civile.

Legato al valore anti-fascista è anche il murale di Ron English, in Via dei Pisoni 89, dal nome “Baby Hulk”. L’orrore e la violenza nazifascista è rappresentata qui da un Mickey Mouse con una maschera antigas che cerca di trasmettere la paura e il terrore ad un bambino. Questo bambino però non si fa intimorire e reagisce, tanto da diventare un piccolo Hulk, pronto a combattere contro tutto questo male. Potrebbe essere interpretato come un segno della reazione del quartiere ma anche come un difensore della comunità, che mai più permetterà che tanto dolore le colpisca di nuovo. Il murale è poi realizzato tramite uno straordinario effetto tridimensionale, per cui il bambino sembra uscire per davvero dal muro, ad espressione delle capacità tecniche dell’artista.

L’arte, grazie al Museo di Urban Art di Roma, si fa pienamente espressione di un quartiere e della comunità che lo abita, crea un legame indissolubile con le mura che la ospitano. Guardando queste opere non abbiamo dubbi del fatto che potevano nascere solo qui e da nessun’altra parte. Questi murales sono ora parte integrante della storia del quartiere.

  • Claudia Pucinischi

 

 

 

 

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